Quando si dice Tate viene subito in mente la galleria di arte moderna londinese, ma in realtà a Londra esistono due Tate: la Tate Modern appunto e la Tate Britain.
Sebbene tra le due quella più famosa e visitata sia la Tate Modern, è la Tate Britain ad essere la più antica e forse la più prestigiosa: la Tate Modern nasce infatti solo nel 2000 ed è una sorta di spin-off di quella che fino a quel momento era conosciuta come Tate Gallery e che ospitava soprattutto l’arte britannica.
Con gli anni, la collezione era arrivata ad includere anche l’arte straniera e contemporanea per cui, in occasione della riorganizzazione per il centenario, è stata una scelta naturale separare le due collezioni in due diverse sedi, sulle rive opposte del Tamigi.
A due passi da Westminster, la Tate Britain è il museo ideale per scoprire le opere dei più illustri artisti britannici.
I capolavori della Tate Britain: 10 opere da non perdere
Come per la National Gallery, anche in questo post ho raccolto una selezione di opere da non lasciarsi sfuggire durante una visita alla Tate Britain.
Ovviamente si tratta solo di uno spunto, ma spero sia sufficiente per farvi venire voglia di andare alla scoperta della Tate meno nota.
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COSA VEDERE ALLA NATIONAL GALLERY: 20 OPERE IMPERDIBILI (SECONDO ME)
Ophelia – Sir John Everett Millais
Tra i capolavori da non perdere alla Tate Britain c’è sicuramente lei, Ophelia.
La scena cattura il momento in cui la famosa eroina shakespeariana, uscita di senno dopo l’assassinio del padre da parte di Amleto, si annega in un torrente.
Millais iniziò a lavorare allo sfondo del quadro nel luglio 1851, a Ewell, nel Surrey, dipingendo ininterrottamente per undici ore al giorno, sei giorni a settimana, per cinque mesi.
Seguendo lo stile della Confraternita dei Preraffaelliti, Millais dipinse minuziosi dettagli botanici anche se, a causa del lungo tempo impiegato, sono rappresentati fiori che sbocciano in periodi diversi dell’anno.
Troviamo infatti le rose, che potrebbero alludere al fatto che il fratello Laerte chiamava Ofelia “rosa di maggio”, il salice, l’ortica e la margherita associati rispettivamente all’amore abbandonato, al dolore e all’innocenza, ma anche le viole – portate da Ofelia in una catena al collo – che rappresentano invece la fedeltà e la castità, mentre il papavero è presagio di morte.
Curioso anche il fatto che la figura di Ofelia sia stata aggiunta solo successivamente, con la modella – Elizabeth Sidda – che dovette posare per quattro mesi in una vasca piena d’acqua tenuta calda da lampade sottostanti.
In un’occasione le lampade si spensero, causandole un forte raffreddore, tanto che il padre della modella minacciò l’artista di procedere per vie legali se non avesse accettato di pagare le spese mediche.
Sancta Lilias – Dante Gabriel Rossetti
Di nuovo un capolavoro dei Preraffaelliti, questa volta a firma Dante Gabriel Rossetti.
Il soggetto deriva da una poesia dello stesso Rossetti che esprime la nostalgia di una donna morta per il suo amante ancora vivo:
The blessed damozel leaned out
From the gold bar of Heaven;
Her eyes were deeper than the depth
Of waters stilled at even;
She had three lilies in her hand,
And the stars in her hair were seven.
L’ispirazione per Rossetti fu chiaramente la prematura morte della moglie – Lizzie Siddal, proprio la modella dell’Ophelia di Millais – causata da un’overdose di laudano.
The Lady of Shalott – John William Waterhouse
Questo dipinto si basa su un poema di Alfred Tennyson – a sua volta ispirato al ciclo arturiano – che racconta la storia di una fanciulla senza nome.
Condannata da una maleficio a vedere il mondo esterno solo attraverso il riflesso di uno specchio, la giovane passava il tempo tessendo quel che vedeva.
Un giorno vide nello specchio Lancillotto innamorandosene all’istante: Waterhouse dipinge la dama impigliata nei fili del suo arazzo mentre prende una barca per raggiungere Camelot, pur sapendo di andare incontro a morte certa.
Nel contesto della Gran Bretagna del XIX secolo, il dipinto di Waterhouse potrebbe fare riferimento alla situazione di una donna benestante che sceglie di sfidare la reclusione dettata dalle convenzioni sociali dell’epoca per inseguire i propri desideri.
Hope – George Frederic Watts
Watts è stato definito dai suoi contemporanei il “Michelangelo d’Inghilterra” per il suo talento e la sua originalità.
In quest’opera, la Speranza viene raffigurata nelle vesti di una donna bendata seduta su un globo mentre suona una lira con tutte le corde spezzate tranne una.
Visto il contesto, diversi critici hanno sostenuto che Disperazione sarebbe stato un titolo più appropriato, ma lo stesso Watts ebbe modo di chiarire che la speranza nel dipinto è suggerita dalla musica che può ancora provenire dall’unico accordo rimanente.
Newton – William Blake
Poeta, pittore e incisore, Blake – nonostante oggi sia ampiamente celebrato – fu in realtà poco apprezzato in vita, al di là di una ristretta cerchia di amici e mecenati che ne ammiravano lo spirito indipendente.
Blake si considerava una sorta di profeta visionario in grado di collegare il mondo spirituale a quello fisico attraverso la sua arte e la sua poesia, piene infatti di riferimenti mitologici e sfumature filosofiche, se non mistiche.
Nella sua raffigurazione di Newton, Blake rappresenta il matematico inglese come un giovane muscoloso che in un ambiente quasi marino – è seduto su una roccia ricoperta di coralli colorati – è intento a utilizzare il compasso.
Blake credeva che l’approccio scientifico fosse troppo riduttivo e compie quindi una sorta di satira verso Newton, talmente intento nei suo calcoli da risultare cieco rispetto al mondo che lo circonda.
Recumbent Figure – Henry Moore
Nel 1938 l’allora direttore della Tate Gallery, JB Manson, dichiarò: “sul mio cadavere Henry Moore non entrerà mai alla Tate“.
Con buona pace per lui, oggi ci sono 634 opere di Moore nella collezione Tate che comprendono disegni, stampe, sculture in legno, pietra e metallo.
Recumbent Figure è stata la prima opera ad entrare nella collezione nel 1939 e da allora il legame di Moore con la Galleria è diventato sempre più stretto, tanto che gli è dedicata più di una sala.
Henry Moore scolpì la Recumbent Figure da un enorme blocco di pietra proveniente da una cava dell’Oxfordshire: se la si guarda da vicino si possono vedere sulla superficie piccoli fossili che contribuiscono a dare alla scultura una consistenza ricca e ruvida.
Sebbene sia stata realizzata nel 1938 e sia un’opera d’arte moderna, la sua forma al tempo stesso semplice e potente rimanda a mondi antichi e a culture lontane.
Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion – Francis Bacon
Tre Studi per Figure alla Base di una Crocifissione è un trittico dipinto dall’artista britannico di origini irlandesi Francis Bacon nel 1944.
L’opera – intitolata con riferimento alle figure spesso presenti nei dipinti cristiani che assistono alla morte in croce di Gesù – rappresenta le Erinni vendicatrici della mitologia greca nell’atto di punire coloro che vanno contro l’ordine naturale delle cose.
Lo stesso Bacon attirava l’attenzione sul proprio ateismo e tendeva a sottolineare l’articolo indeterminativo nel titolo: alla base di UNA Crocifissione e non DELLA Crocifissione più famosa della storia.
Bacon espose per la prima volta questo quadro nell’aprile del 1945, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, e per alcuni riflette proprio l’orrore della guerra e dell’Olocausto in un mondo privo di principi guida.
The Mud Bath – David Bomberg
Un quadro che non stonerebbe di certo nella Tate sorella.
Fortemente influenzato dalle correnti cubiste e futuriste, The Mud Bath è una delle opere più significative di Bomberg.
La scena è basata sui bagni di vapore praticati per le abluzioni religiose dalla popolazione ebraica che abitava nella zona est di Londra, vicino alla casa dell’artista.
Obiettivo di Bomberg era spogliare la forma naturalistica di tutta la materia irrilevante, in un processo che lo stesso artista descriveva come “la ricerca di un’espressione più intensa…Il mio obiettivo è la costruzione di una Forma Pura“.
Self portrait – J.M.W. Turner
Non si può parlare di arte britannica e non nominare Joseph Mallord William Turner, il pittore della luce.
Ad ospitare la più grande collezione di opere di Turner è proprio la Tate Britain, che a lui dedica un’intera ala e che da sola vale la visita.
Definito “il padre dell’arte moderna”, Turner ha spesso stupito i suoi contemporanei – e non solo – per la sua pennellata quasi onirica e i colori utilizzati.
Fermarsi ad osservare il suo autoritratto è quindi un modo per omaggiare questo grande artista, che come è noto fu un’impressionista ante-litteram, prima di lasciarsi incantare dalle sue opere nella sezione a lui dedicata.
P.S. Se questo ritratto vi sembra familiare è per via del fatto che compare sulla banconota da 20 sterline!
Norham Castle, Sunrise – J.M.W. Turner
Tra tutti i dipinti dell’ala Turner ho scelto quello che raffigura uno dei suoi soggetti preferiti: il Castello di Norham.
Siamo sul fiume Tweed nel Northumberland, vicino al confine con la Scozia: Turner vide per la prima volta le rovine del castello nel 1797 e vi tornò poi nuovamente nel 1801 e nel 1831.
In questo dipinto Turner spinge all’estremo la sua esplorazione dei colori, con il castello che quasi scompare avvolto dalle luci dell’alba.
Bonus: Model for Eros on the Shaftesbury Memorial, Piccadilly Circus
Pochi sanno che il modello della nota statua di Eros (o Anteros) che si trova al centro di Piccadilly Circus è conservato qui alla Tate Britain.
La statua corona la fontana commemorativa del riformatore sociale vittoriano Lord Shaftesbury e fu la prima statua londinese ad essere realizzata in alluminio.
Un’ottima occasione per ammirare da vicino il simbolo di Piccadilly Circus!
Ma questo Tate, chi era?
Henry Tate era un uomo d’affari vittoriano, generoso filantropo e tra i collezionisti d’arte più importanti della Gran Bretagna.
Si offrì di donare la sua collezione alla nazione alla condizione che fosse costruita una galleria adeguata per ospitarla.
L’edificio che ospita la Tate Britain fu dunque aperto al pubblico nel 1897 e inizialmente era una succursale della National Gallery.
Nel 1917 il governo britannico incaricò la National Gallery di dare vita ad una collezione d’arte britannica e ad una collezione di arte moderna e contemporanea internazionale: fu così che nacque la Tate Gallery che divenne completamente indipendente nel 1954.
Oggi le Tate esistenti sono quattro: oltre alle già citate Tate Britain e Tate Modern in quel di Londra, troviamo la Tate Liverpool aperta nel 1968 e la Tate St. Ives, in Cornovaglia, che ha aperto i battenti nel 1993.
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Come raggiungere la Tate Britain
Raggiungere la Tate Britain è facilissimo: si trova infatti a due passi da Westminster, adagiata sulla riva nord del Tamigi, nel quartiere di Pimlico.
Le fermata della metro più vicine sono appunto Pimlico e Vauxhall, servite entrambe dalla Victoria Line, oppure a circa 1km Westminster dove passano Jubilee, District e Circle Line.
Orari di apertura e biglietto di ingresso Tate Britain
La Tate Britain è aperta tutti i giorni della settimana dalle 10 alle 18.00 (ultimo ingresso alle 17.30).
Come per la maggior parte dei musei londinesi, anche la Tate Britain è ad ingresso gratuito (donazione suggerita 5£).
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